In questi giorni l'attenzione mediatica è concentrata sui tentativi di fermare la marea nera prodotta dall'esplosione e dal successivo affondamento della piattaforma
DeepWater Horizon nel Golfo del Messico: una corsa contro il tempo per evitare un cataclisma ecologico.
Appena tre settimane fa la notizia dell'arenamento del cargo cinese
Sheng Neng I sulla Grande Barriera Corallina Australiana era in primo piano su tutti i telegiornali. Oggi, con sconcerto, mi sono reso conto che, dopo la ribalta dei primi giorni, dell'incidente non si è più parlato.
Tutte le persone a cui ho chiesto delucidazioni in proposito non hanno saputo dirmi niente.
Che fine ha fatto la nave cinese?Il disastro ecologico è stato evitato?Visto che i media principali hanno dato poco o nullo risalto alle conseguenze dell'incidente è logico presupporre che tutto si sia risolto per il meglio:
niente di più sbagliato.
Dopo una breve ricerca in rete ho scoperto che le conseguenze dell'incidente sono state
gravissime.
Prima di parlare di ciò che è accaduto, voglio però fermarmi un attimo a riflettere su questo silenzio mediatico. A quanto pare il ruolo dei media tradizionali (su cui la maggior parte delle persone comuni basa la propria conoscenza del Mondo) non è informare, ma
fare sensazione. E così accade che, notizie che meriterebbero di essere approfondite, vengano sommerse da insignificanti fatti di cronaca e presto dimenticate. Mi riferisco ovviamente al modo di fare informazione in Italia, ma lo stesso accade anche in altre parti del Mondo, come spiega molto bene Al Gore nel suo saggio "
L'assalto alla ragione". Quando l'informazione viene manipolata con l'obiettivo di aumentare gli ascolti (e non solo) ciò che ne risulta non può essere altro che una visione parziale, distorta e frammentaria del Mondo.
Gli esempi si sprecano.
Si può parlare per mesi e mesi del delitto di Cogne o della strage di Erba, ma dei genocidi che si consumano in Africa non si sa niente finché qualche cittadino occidentale non viene coinvolto.
Se George Clooney inciampa su una buccia di banana lo vengono a sapere anche gli asini, ma delle testate nucleari depositate nelle nostre basi militari non sa niente nessuno.
Dell'LHC si parla solo quando qualche buffone salta fuori a dire che la Terra potrebbe essere inghiottita da un buco nero, ma domandate a un passante che esperimenti fondamentali per la conoscenza dell'Universo si compiano al CERN: non ve lo saprà dire.
Nell'era dell'informazione l'ignoranza regna sovrana.Torniamo ora all'incidente della
Sheng Neng I: la nave arenata è stata liberata con il favore dell'alta marea e trasportata al sicuro nel porto di Great Keppel, ma secondo David Wachenfeld, lo scienziato capo dell'autorità marina australiana, per risanare i danni causati all'ecosistema marino occorreranno
20 anni.
Oltre allo sversamento in mare di tre tonnellate di carburante, la nave ha infatti scavato un lungo canale nella barriera, distruggendo enormi porzioni di ecosistema. In alcune zone la parete della barriera si è letteralmente polverizzata sotto il peso della nave. Si teme inoltre per l'inquinamento causato dalla vernice tossica applicata allo scafo per impedirvi la crescita delle specie marine, che sta lentamente uccidendo i coralli.
La polizia australiana ha avviato un'inchiesta, su richiesta della
Great Barrier Reef Marine Park Authority, che gestisce la riserva, e ha arrestato il capitano e un ufficiale di comando della nave, che dovranno essere processati per aver imboccato una rotta illegale attraverso il parco marino, come appurato dal ministro dei trasporti australiano, Anthony Albanese, e ammesso dalla
Shenzen Energy Transport Company.
Gli armatori saranno responsabili dei costi di salvataggio e decontaminazione (stimati intorno ai 23 milioni di dollari), ma intanto il danno, definito "senza precedenti", è fatto e ciò che la natura ha creato in decine d'anni è stato distrutto in poche ore.
Fine della storia.
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