venerdì 5 giugno 2009

I limiti della nostra percezione

Questo post prosegue il discorso iniziato in 42 o la storia di come sono diventato un miscredente del 1° giugno.

Inizialmente il suo titolo doveva essere "Le conseguenze esistenziali dei viaggi nel tempo", ma ho dovuto cambiarlo perchè non sono mai giunto a parlare di quell'argomento. Mi sono infatti perso nell'introduzione al discorso, che riguarda i limiti del nostro cervello e della nostra percezione.

Ci sono due motivi per cui ritengo che le nostre possibilità di dare una spiegazione definitiva alla vita, l'universo e tutto quanto siano molto scarse (vedi post precedente).

Innanzitutto il nostro cervello ha ben determinati limiti di elaborazione e di memoria. Pur con una mente estesa, cioè utilizzando elaboratori e fonti di memoria elettroniche, la nostra capacità di apprendimento rimane limitata. Ogni essere umano è in grado di gestire solo una piccola parte della quantità di informazione disponibile e la conoscenza, per questo motivo, è per lo più settoriale (c'è il fisico, il chimico, il biologo, etc.). Le cose potrebbero cambiare modificando l'hardware del nostro cervello o affidando l'elaborazione dell'informazione ad intelligenze artificiali, ma questi argomenti esulano dallo scopo di questo post.

In secondo luogo la nostra mente e la nostra capacità di percezione sono soggette a vincoli dovuti alla nostra natura fisica e l'Universo stesso pone dei confini alla nostra capacità di osservazione. Ci sono vincoli e confini legati allo spazio, al tempo e alla causalità. Vediamo ora, punto per punto, ciò che intendo.

Lo spazio. Noi percepiamo uno spazio finito e tridimensionale, le difficoltà si incontrano quando si affronta uno spazio infinito e/o deformabile (come nella teoria della relatività generale) e/o multidimensionale (come nella teoria delle stringhe). Immaginare uno spazio infinito o tridimensionale curvo è abbastanza semplice, immaginare dimensioni accartocciate su sé stesse un po' meno.
Poi ci sono anche due problemi di osservazione.
Nell'infinitamente grande la nostra vista può spingersi nello spazio (e indietro nel tempo, vedere più avanti) solo fino a dove la luce arriva nel suo cammino. Possiamo vedere oggetti cosmici a circa 14 miliardi di anni luce di distanza (il limite dell'Universo visibile), ma qualsiasi cosa ci sia al di là per noi non esiste. Inoltre la scoperta che l'espansione cosmica sta accelerando fa presupporre che la nostra visuale del cosmo si accorci col passare del tempo. Quando la velocità di allontanamento relativa fra le galassie supererà quella della luce esse verranno obliate formando una sorta di orizzonte degli eventi al contrario in cui la materia intrappolata all'interno non potrà più vedere ciò che accade all'esterno. Se l'espansione continuerà in questo modo, i nostri lontanissimi discendenti (se esisteranno) vedranno solo un immenso vuoto intorno a sé e le tracce del Big Bang (vedere più avanti) spariranno (il processo inflazionario, cioè la fase di accelerazione seguita al Big Bang, ha già cancellato tutte le informazioni dirette su questo evento cosmico).
Nell'infinitamente piccolo i problemi sono altri. Il filosofo Democrito pensava che la materia fosse composta da atomi, altri filosofi (di cui adesso non ricordo il nome) pensavano invece che essa fosse infinitamente divisibile. La scienza moderna ci ha mostrato prima che essa è composta da atomi, poi che gli atomi sono composti da protoni, neutroni ed elettroni, poi che protoni, neutroni ed elettroni sono composti da quark. I quark sono le particelle di base? Non si sa ed io penso proprio di no. Il problema è che la nostra capacità di osservare i costituenti della materia ha già superato i limiti: è possibile osservare solo gli effetti che ipotetiche particelle producono interagendo con altre particelle. E più si va avanti più le energie richieste per studiare queste interazioni sono elevate. Per questo motivo è stato costruito l'LHC. Il problema è che per studiare le energie delle particelle presenti durante il Big Bang servirebbe un acceleratore grande come il Sistema Solare... Non parlo delle stringhe perchè mi sembra di aver già reso l'idea dei problemi dovuti allo spazio.

Il tempo. Il tempo è sempre stato e sempre sarà uno dei più grandi problemi filosofici e scientifici dell'umanità. Noi percepiamo lo scorrere del tempo, ma esso esiste davvero? E poi: il tempo è sempre esistito o ha avuto un inizio? E' continuo o discreto? A livello microscopico sembra che il tempo possa scorrere indifferentemente in una direzione o nell'altra. In termodinamica invece la freccia del tempo dà una direzione all'evoluzione dei sistemi chiusi macroscopici, tra cui è compreso il nostro Universo: il tempo scorre nella direzione in cui aumenta l'entropia e l'irreversibilità (se lascio cadere un bicchiere per terra si rompe, ma i frammenti non ricostituiscono da soli il bicchiere) ne è un esempio pratico. Fino a poco più di un secolo fa si pensava che il tempo fosse un'entità fisica indipendente, poi la teoria della relatività di Einstein e dimostrazioni sperimentali hanno mostrato l'interconnessione tra il tempo e lo spazio in un continuum chiamato spazio-tempo: il tempo può scorrere a velocità diverse a seconda di dove si trovi l'osservatore e sull'orizzonte degli eventi di un buco nero il tempo smette addirittura di scorrere. Intuitivo, no? Per quanto riguarda l'origine del tempo ne parlerò nel punto seguente e del tempo parlerò diffusamente nel post sui viaggi nel medesimo.

Il principio di causa-effetto. Un altro grande dilemma dell'umanità. I rapporti di causalità sembrano regolare il mondo fisico: se tiro un pugno contro il muro (causa) mi fratturo la mano (effetto), la frattura (causa) produce dei segnali elettrici che arrivano al mio cervello (effetto), questi segnali elettrici (causa) mi avvertono che mi sono fatto molto male (effetto) e via discorrendo. I problemi arrivano quando ci si pone davanti a questioni come l'origine dell'Universo (o meglio del tempo e dello spazio). Usando il principio di causa-effetto si può procedere a ritroso solo fino ad un certo punto, oltre il quale si possono fare due ipotesi: o l'Universo è sempre esistito o ha avuto un inizio. Secondo molti filosofi dell'antichità era vera la seconda ipotesi ed essi individuavano in Dio la causa prima del divenire (il motore immobile di Aristotele (causa senza causa) ad esempio). Alcuni indizi (il moto delle galassie, lo spostamento verso il rosso, la radiazione di fondo, etc.) e le implicazioni stesse della teoria della relatività hanno portato all'elaborazione del concetto fisico di Big Bang, secondo cui il nostro Universo ha avuto un inizio. Altri indizi (il secondo principio della termodinamica, la velocità di espansione cosmica, la costante cosmologica, etc.) suggeriscono inoltre che l'Universo si stia dirigendo verso uno stato di equilibrio chiamato morte termica. Secondo altre teorie non c'è stato un Big Bang, ma un Big Bounce, cioè un grande rimbalzo e l'Universo continua a gonfiarsi e sgonfiarsi come un palloncino. In ogni caso c'è un punto nello spazio-tempo oltre il quale la nostra capacità di osservare e di predire viene meno. Ciò che c'è stato prima del Big Bang e ciò che avviene nelle singolarità all'interno dei buchi neri non è conoscibile. C'è una sorta di censura che ci impedisce di vedere al di là di questi orizzonti. Noi possiamo solo osservare le conseguenze di questi eventi e di queste entità, ma l'informazione non può attraversare questo confine.
Si possono comunque fare delle ipotesi, ad esempio che l'Universo sia apparso dal nulla in seguito ad una fluttuazione quantistica del vuoto. Dunque Dio o la causa prima si potrebbero identificare con questa fluttuazione quantistica? A mio parere no, perchè ci sono dei principi che regolano questo genere di fluttuazioni. E questi principi da dove vengono? Forse abbiam trovato finalmente un posto per Dio, che potrebbe identificarsi con queste leggi primordiali. Tuttavia la questione è sterile, perchè siamo andati ben al di là della nostra capacità di osservare.
Un'altra questione strettamente connessa al principio di causa-effetto e che ha influenzato la storia del pensiero nei secoli è quella di finalità. Io ritengo che la finalità nell'Universo sia solo una chimera, qualcosa creato dalle nostre menti e connesso al progresso e all'evoluzione. E' facile cadere nella trappola della finalità, per sua natura allettante, ma essa è più legata alla sfera emotiva che alla reale natura delle cose. Comunque di questo argomento parlerò in un altro post.

Tutto questo l'ho scritto per dire che, vuoi per la nostra natura, vuoi per la natura del cosmo, la maggior parte di ciò che ci circonda è inconoscibile ed il pensiero positivista radicale è insensato. Il principio di indeterminazione di Heisenberg ed i due teoremi di incompletezza di Godel rafforzano ulteriormente questo punto di vista. Il primo dice che "non possiamo mai conoscere contemporaneamente e con precisione la posizione e la quantità di moto di una particella subatomica", mentre i secondi affermano che "per ogni sistema formale di regole ed assiomi è possibile arrivare a proposizioni indecidibili, usando gli assiomi dello stesso sistema formale". Dunque gli stessi costrutti della logica e della matematica hanno dei limiti (non mi sbilancio nel tentativo di fornire implicazioni più dettagliate perchè so di sbagliare).

Con questo ho concluso l'introduzione a cui sarebbe dovuto seguire il discorso sui viaggi nel tempo. Spero di non aver detto troppe cazzate (se ho sbagliato correggetemi) ed essendomi dilungato troppo vi saluto e ci vediamo alla prossima puntata.

Continua...

Postilla numero 1. Per espandere la nostra capacità di osservare e di conoscere l'Universo c'è qualcuno che ha pensato di spalancare le porte della percezione facendo uso di droghe allucinogene. Cito ad esempio Aldous Huxley e Jim Morrison. Tuttavia, nonostante quel che dice William Blake ("Quando le porte della percezione si apriranno tutte le cose appariranno come realmente sono: infinite."), il metodo sembra non funzionare allo scopo prefisso, benché la sua natura colorata e psichedelica possa aiutare l'artista in cerca d'ispirazione (dovrei provare a farmi un trip).

Postilla numero 2. Ogni volta che mi metto a pensare a certi argomenti mi rendo conto di quanto la mia strada alla ricerca della Verità (vedi post precedente) proceda a rilento e con innumerevoli soste. Qualche annetto fa mi ero comprato il libro di Roger Penrose "La strada che conduce alla realtà", che è un compendio sullo stato dela fisica moderna, deciso a colmare la mia ignoranza in materia, ma non sono mai riuscito ad iniziarlo. Un po' è colpa mia che sono lazzarone, ma un po' è anche colpa di Penrose che scrive dei mattonazzi assurdi. Ma si sa, per ottenere qualcosa bisogna pur sacrificarsi.

3 commenti:

Mr. Lunastorta ha detto...

Dopo aver riletto il post, mi trovo obbligato ad auto-commentarmi! (pratica tabù nel mondo dei blog, ma mi tocca)

Nel post mi sono reso conto di aver fatto un po' di confusione nella distinzione tra principi che violano il senso comune, vincoli dovuti alle nostre capacità percettive e principi di inconoscibilità intrinseci al cosmo. Spero che vogliate perdonarmi, ma il post non ho proprio voglia di riscriverlo.

Inoltre vorrei sottolineare che scrivendo non avevo nessuna pretesa di esaustività, ma il mio scopo era solo di fare una veloce carrellata. Questo mi è venuto in mente stamattina mentre leggevo un articolo sull'entanglement quantistico, principio che viola ulteriormente il concetto intuitivo di causa-effetto ed in particolare la località del nostro Universo. Mi ci soffermo un attimo perchè è interessante.
Il principio di località afferma che oggetti distanti non possono avere influenza diretta uno sull'altro.Il senso comune lo conferma. L'entanglement quantistico invece sembra violare questo principio, in quanto presuppone l'azione a distanza senza intermediari. Il problema era già stato evidenziato da Einstein negli anni '30 ed è uno dei grandi misteri della fisica, che mina i suoi stessi fondamenti. Chiaro, no? Saluti!

Simone ha detto...

Post lungo e complesso. La domanda, secondo me, è se la mente sia in grado di interpretare i processi che l'hanno generata. Dalla materia inerte può derivare un qualcosa capace di estendersi oltre le leggi che lo governano? Sì? No? Bo?!

Sicuramente, bo.

Simone

Mr. Lunastorta ha detto...

Ottima domanda e risposta ancora migliore! ;-)

Secondo me sarebbe come chiedere ad un programma cosciente che vive nella memoria di un computer di dire qualcosa sul suo programmatore e sull'Universo esterno basandosi sul mondo di silicio in cui vive.

Cmq oltre a capire i processi che hanno generato la mente, dovremmo anche capire come essa funziona e come si origina la coscienza e, nonostante i grandi passi che sono stati fatti negli ultimi anni, siamo ancora lontani dalla sua retro-ingegnerizzazione! Ce la faremo? Chi lo sa?

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