lunedì 28 dicembre 2009

Caccia al tesoro nell'Universo di Lucy & Stephen Hawking

Mettiamola in questo modo: se tutti i romanzi per bambini e ragazzi fossero così, l'infanzia sarebbe un periodo molto palloso, ma se di romanzi così non ce ne fosse neanche uno sarebbe un vero peccato.

Quando ero piccolo io (una ventina di anni fa) andavano ancora di gran moda Tom Sawyer, Piccole Donne, Pinocchio, le opere di Jules Verne, di Salgari e via discorrendo: classici intramontabili della letteratura per l'infanzia.

Ma da allora è passata un'epoca: i bambini di oggi iniziano a navigare prima di imparare a camminare e nascono con lo smartphone incorporato. Pinocchio è roba da matusa!

Cosa si trova oggi sugli scaffali delle librerie? Geronimo Stilton, Piccoli Brividi, Le Cronache del Mondo Emerso di Licia Troisi e il libro magico delle Winx. Ogni volta che mi aggiro sconsolato per tali luoghi di perdizione, come Lady A sa bene, non posso evitare un commento acido e pessimistico sul futuro dell'umanità...
Di chi è la colpa? Il banco degli imputati è sovraffollato: ci sono gli editori che pubblicano spazzatura, i librai che la spazzatura devono venderla, i genitori imbecilli che magari vietano ai propri figli di andare sullo skateboard perchè rischiano di sbucciarsi un ginocchio, ma che non ci pensano due volte (a dir la verità non pensano affatto) a regalare loro una morte cerebrale soft e graduale.

Ma non tutto è perduto! In un panorama editoriale sconfortante qualcosa di degno esiste ancora: le opere di Neil Gaiman per l'infanzia, ad esempio, oppure il libro che qui voglio presentare.

Cominciamo dall'autore. Per chi non lo sapesse Stephen Hawking è un matematico e astrofisico di fama mondiale, considerato uno dei più importanti cosmologi viventi, soprattutto per le sue teorie sulla relatività e i buchi neri. Colpito fin da giovane età dall'atrofia muscolare progressiva, malattia che l'ha gradualmente condannato all'immobilità e che in seguito ad un intervento l'ha privato dell'uso della voce, obbligandolo a comunicare tramite un sofisticato computer, non ha mai smesso di dedicarsi ai suoi studi e all'insegnamento. Per trent'anni ha occupato la cattedra lucasiana di matematica (la stessa che fu di Isaac Newton) a Cambridge e nel corso degli anni ha pubblicato diversi saggi di divulgazione scientifica, tra cui il bestseller "Dal Big Bang ai buchi neri".

Hawking è uno dei miei eroi da molto tempo, i suoi saggi di divulgazione mi hanno fatto amare la scienza e, quando nel 2007 ha esordito nel mondo della narrativa per ragazzi insieme alla figlia Lucy, scrittrice di professione e divulgatrice scientifica, ho subito acquistato il suo libro.

"La chiave segreta per l'Universo" è un buon romanzo per ragazzi, lettura quasi obbligata per chi vuole cimentarsi con il secondo libro, ma il tentativo di amalgare una storia appassionante agli insegnamenti scientifici appare ancora un po' zoppicante. Ne risulta una trama smilza con degli interventi scientifici a tratti forzati.
Molto meglio, a mio parere, è il risultato ottenuto con questo secondo episodio. Sfruttando una base di personaggi già consolidata, il romanzo può entrare subito nel vivo: la trama è semplice, ma ben sviluppata, la storia appassionante e scorrevole e non si sente lo stacco fra le avventure e gli inserti scientifici, grazie ad un espediente letterario ben congegnato.

Il romanzo racconta ancora una volta le avventure di George, ragazzino curioso e appassionato di scienza, di Cosmo, il supercomputer capace di aprire dei portali in ogni luogo dell'Universo, della sua migliore amica Annie e del suo papà scienziato Eric (alter ego di Stephen Hawking), in viaggio nell'Universo sulle tracce di un misterioso e minaccioso messaggio alieno. Tra soste su Marte, pericolose scorribande tra gli asteroidi e sulle rive dei laghi di idrocarburi di Titano, viaggi tra le stelle e incontri con vecchi nemici, il romanzo non smette mai di sorprendere ed offre numerose scuse per introdurre le più recenti scoperte della scienza sull'Universo.

Molti dei concetti presentati nel libro potrebbero risultare difficili per dei ragazzi di 11 anni, pur essendo spiegati in modo molto elementare, ma riescono lo stesso a risvegliare quel senso del mistero e quella curiosità assente nella stragrande maggioranza dei lavori per l'infanzia.

In definitiva considero questo romanzo un ottimo modo per introdurre un bambino a quel mondo meraviglioso, in continua evoluzione e denso di misteri che è la scienza, nella speranza che questo sia solo un primo passo verso ulteriori appassionanti scoperte.

Se volete fare un regalo intelligente ai vostri figli (per Natale è tardi, ma dovreste riuscire ad infilarlo nella calza della Befana) ve lo consiglio!

Post scriptum: la copertina dell'edizione originale è molto più bella di quella italiana!

venerdì 18 dicembre 2009

Sogni, balene, global warming, società del consumo e civiltà aliene

D'improvviso mi sveglio, disturbato da un lamento: un suono lugubre, di dolore, che non ho mai udito prima. Sono nel mio letto. Mi alzo, apro la finestra e vedo che è pieno giorno, ma non so di che mese o di che anno. Il lamento si ripete, più forte di prima. Percorro il corridoio, esco sul terrazzo, guardo giù in cortile e una scena orribile mi si presenta davanti agli occhi. Arenati sulla pietra, morti o morenti, decine di mammiferi marini bruciano al sole di mezzogiorno. Un enorme capodoglio giace riverso su un fianco, la pelle fessurata e rossa di sangue. Un leone marino si dibatte vicino al cancello, a pochi metri è stesa una foca agonizzante. Scorgo due delfini, un'otaria, altri cetacei di cui non conosco il nome. Mi affretto di sotto, afferro la canna dell'acqua, cerco di salvare le creature sofferenti, ma il calore estivo vanifica i miei sforzi. L'acqua è troppo poca, non c'è nessun mare. I lamenti si affievoliscono, fino a svanire. Non posso fare niente. E' troppo tardi. Mi sveglio.

Stanotte ho fatto un sogno triste. Poi, come ogni mattina dopo colazione, ho letto la rassegna stampa, scoprendo che i capodogli morti qualche giorno fa a Peschici avevano lo stomaco pieno di rifiuti di plastica. Una strana coincidenza, dopo il sogno di stanotte.
Secondo il professor Giuseppe Nascetti, uno dei massimi esperti mondiali di parassitologia ed ecologia marina, chiamato ad indagare sullo spiaggiamento e la morte dei cetacei, gli animali avrebbero scambiato buste di plastica ed altri oggetti dispersi in mare per calamari, cibo di cui sono ghiotti: il capobranco ne aveva lo stomaco pieno, un po' meno altri tre esemplari, mentre altri tre avrebbero semplicemente seguito il branco a morire sulla spiaggia del Gargano per spirito gregario. I rifiuti però potrebbero non essere la causa della morte, dovuta invece al disorientamento causato dall'inquinamento acustico, ritenuto la causa principale degli spiaggiamenti in tutto il mondo.

Qualunque sia la causa non importa: il mare diventa ogni giorno di più lo specchio della nostra civiltà, il ricettacolo degli scarti della nostra società del consumo. Negli sconfinati vortici oceanici i rifiuti, soprattutto plastici, si accumulano, formando immense discariche a cielo aperto. Sonar civili e militari rimbombano negli abissi, facendo impazzire le creature che ci vivono che trovano scampo solo nell'agonia della morte per spiaggiamento. Vaste aree nel delta dei fiumi si trasformano in zone morte, soffocate dalle alghe, in cui nessun essere vivente può sopravvivere. La pesca intensiva trasforma mari e oceani in deserti, privando l'umanità della sua principale fonte di sussistenza. Stragi di mammiferi marini, che rendono le acque del mare rosse di sangue, sono all'ordine del giorno.

In questi giorni gli occhi del mondo sono puntati su Copenaghen. Oggi l'arrivo di Obama era atteso come la seconda venuta di Cristo, con la differenza che Obama non è in grado di compiere miracoli, quando alle sue spalle vi è un paese dominato dalle lobby e da forti interessi economici a cui egli deve chinare la testa obbediente. Il vertice è destinato al fallimento, si parla già di soluzioni di compromesso, di tagli ridotti ai gas serra, di intesa imperfetta, di PIANO B... Secondo me è meglio che gli abitanti di Tuvalu si cerchino una nuova casa in cui vivere, perchè nessun trattato potrà salvarli.
Ma anche se il vertice dovesse avere successo cosa cambierebbe? Forse si riuscirebbe a fermare il global warming, ma non la spirale inarrestabile in cui la nostra civiltà del consumo sta precipitando. Stiamo spremendo il pianeta come un limone, sottoponendo la biosfera ad uno stress senza precedenti, consumando ogni risorsa come se non esistesse un domani, come se non avessimo dei figli che hanno il nostro stesso diritto di vivere una vita felice. Sta svanendo la biodiversità, si stanno esaurendo le risorse idriche ed alimentari, il deserto estende il suo dominio, i nostri rifiuti prendono il posto delle foreste, sostanze tossiche e nocive hanno una diffusione planetaria.

Non sono un negazionista, sono assolutamente convinto che il global warming sia reale, scientificamente provato, di orgine antropica (chi dice il contrario è cieco, ignorante oppure mente -a se stesso e agli altri-), ma sono altresì convinto che esso serva a mascherare uno stato di emergenza che non ha soluzione.
E' da 150 anni che prendiamo il mondo a calci nelle palle e se prima avevamo la scusa di non essercene accorti, ora ne siamo consapevoli. Il modello di sviluppo occidentale è insostenibile in un mondo in cui la pressione demografica è in costante aumento e in cui il raggiungimento del benessere è alla portata di un numero sempre crescente di nazioni.
Lo riesce a capire anche un bambino che se si consuma una risorsa ad un tasso superiore alla sua capacità di reintegro a lungo andare questa risorsa si esaurisce. Eppure continuiamo a farlo. Perchè? Perchè il paese dei balocchi è troppo bello da lasciare, anche quando tutt'intorno non restano altro che rovine e desolazione. Perchè cambiare quando si vive così bene? Perchè dovremmo sacrificarci oggi per un futuro in cui saremo morti?
Non è "naturale" farlo, è molto più naturale sfruttare i nostri bisogni immediati, anche se la conseguenza di non agire subito aumenterà a dismisura il costo per porre rimedio ai danni futuri. Bisogna star male per iniziare a fare qualcosa. E noi occidentali ce la stiamo godendo troppo per cambiare! Sulle rovine del nostro mondo le generazioni a venire dovranno costruirsi un futuro: su montagne di Iphone, monitor LCD, sacchetti di plastica, lavatrici, automobili, lettori MP3 e apriscatole elettrici. Arriverà il giorno in cui, alzando gli occhi da un telequiz, ci renderemo conto di aver trasformato l'unico mondo abitato dell'universo che conosciamo in una cazzo di pattumiera e i nostri figli avranno il diritto di insultarci, per non aver cambiato le cose quando eravamo ancora in tempo: ma i problemi futuri dell'umanità e del pianeta sono secondari rispetto alle incombenze giornaliere o all'ultima puntata di CSI.

Forse c'è una risposta semplice alla domanda posta da Fermi nel 1950 a Los Alamos. "Dove sono tutti quanti?" si chiedeva il grande scienziato. "Se come ritengono in molti la vita è un fenomeno comune nell'universo e la nostra galassia pullula di civiltà intelligenti, perchè fin'ora di esse non abbiamo individuato nessun segno? Perchè non ci hanno contattato?" (questa domanda è nota come Paradosso di Fermi)

La mia risposta è: forse perchè tutte le civiltà si sono auto-annientate prima di poterlo fare, proprio come stiamo facendo noi. Rispetto a qualche anno fa non SPERO più che la nostra civiltà si auto-distrugga, in fondo mi sono reso conto che ci sono tante cose per cui meriterebbe di sopravvivere, ma sono convinto che non si possa fare niente per evitare il destino amaro a cui stiamo andando incontro.

domenica 13 dicembre 2009

Fiori per Algernon di Daniel Keyes

Charlie Gordon è un ritardato mentale. Consapevole della sua diversità e desideroso di diventare intelligente per piacere agli altri, si offre volontario per un'operazione chirurgica sperimentale in grado di modificare il cervello. L'operazione, già effettuata con successo su un topolino di nome Algernon, il cui QI è più che triplicato, dovrebbe incrementare notevolmente la capacità di apprendimento di chi ci si sottopone. I risultati sono quelli auspicati e Charlie passa dalle tenebre dell'ignoranza e di una ridotta coscienza alla luce di un'intelligenza fuori dal comune. Nel volgere di poche settimane la sua vita si trasforma ed egli riesce ad apprendere in un istante e senza fatica ciò che alle persone normali richiede lungo tempo e notevoli sforzi. Parallelamente anche la sua sfera emozionale comincia ad evolversi e l'eterno bambino che era prima, sempre sorridente e amico di tutti, si trasforma in un uomo adulto egoista ed intollerante, incapace di relazionarsi coi suoi simili a causa della sua eccezionalità. Mentre Charlie subisce queste trasformazioni, qualcosa in Algernon inizia a mutare: le sue incredibili capacità cognitive regrediscono a vista d'occhio. E' possibile che gli effetti dell'operazione siano solo temporanei? Lo stesso destino toccherà anche a Charlie?

Il romanzo di Daniel Keyes è un'opera unica e di alto livello e che mi ha appassionato dalla prima all'ultima pagina. Nato come racconto, vinse il premio Hugo nel 1960. Sviluppato a dimensioni di romanzo ricevette il premio Nebula nel 1966 ed ispirò film, serie televisive e musical.

La prima cosa che colpisce il lettore che si approccia al romanzo è lo stile ed il punto di vista. La narrazione, in prima persona ed in forma di diario, segue passo passo l'evoluzione mentale di Charlie. Si passa così da pagine sgrammaticate, piene di errori, senza punteggiatura, che esprimono con vocaboli e concetti semplici le emozioni e le esperienze del protagonista a paragrafi caratterizzati da un lessico evoluto ed una profonda riflessione introspettiva.

Ma l'aspetto più intrigante del romanzo è assistere proprio alla trasformazione di Charlie. Cosa proverebbe un uomo che per trentacinque anni ha avuto una coscienza limitata di sè e una scarsa reminiscenza se d'improvviso diventasse superintelligente e acquisisisse nel giro di poche settimane la memoria del proprio passato, la coscienza del proprio io, l'idea della vita, della morte e di Dio? E quale angoscia proverebbe se scoprisse che tutte le sue facoltà sono temporanee, che il suo destino è di tornare l'uomo ebete e semplice che era prima, che la sua intelligenza è destinata a sparire?

La risposta che Keyes offre con questo romanzo merita di essere letta.

Curiosità: pare che Will Smith abbia acquisito i diritti per trasporre il romanzo di Daniel Keyes sul grande schermo, che già valse l'Oscar a Cliff Robertson nel 1971 per la sua interpretazione in I due mondi di Charlie.

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