lunedì 20 luglio 2009

Ritorno alla Luna


Quella notte di quarant'anni fa avrei voluto esserci. Avrei voluto assistere a quel piccolo passo che forse non ha cambiato l'umanità, ma ci ha ricordato che i sogni a volte possono avverarsi. Che noi piccoli, meschini, crudeli e guerrafondai esseri umani siamo capaci di elevarci verso le stelle e che il nostro destino nella vita è di esplorare e di andare oltre.

Sono passati quarant'anni, il mondo è andato avanti o, forse, è rimasto indietro. Viviamo in un'epoca di sogni infranti, di terrore, di odio, di cieco materialismo e progresso tecnologico, senza speranza e aspettative. Dove sono le stelle, in un mondo in cui i bambini muoiono di fame? In cui prevale l'odio etnico e razziale? In cui si uccide in nome di Dio? In cui denaro e potere diventano idoli? In cui l'individuo si trasforma in una vittima sacrificale? Dove sono le stelle quando avveleniamo l'acqua, appestiamo l'aria, bruciamo le foreste? Ogni volta che fingiamo di esseri sordi, ciechi e muti?

Quando l'ultimo astronauta dell'Apollo 17 ha risalito la scaletta del LEM per fare ritorno sulla Terra abbiamo iniziato a dimenticare. Abbiamo lasciato le nostre speranze e il nostro senno sulla Luna. Non c'è stato nessun grande balzo per l'umanità, a parte quello scientifico e tecnologico, ma, per fortuna, non tutti hanno smesso di sognare.

Dopo quarant'anni si parla di un ritorno alla Luna, di colonizzazione umana permanente del nostro satellite, di missioni umane verso il pianeta Marte. E se la corsa allo spazio iniziata nel 1957 con il lancio dello Sputnik aveva scopi più politici che scientifici, motivata com'era dalla lotta per la supremazia tra USA e URSS, il ritorno all'esplorazione in questo nuovo millennio ha la potenzialità di unire le nazioni in una grandiosa impresa che potrebbe culminare in un trionfo dello spirito umano.

I tempi sono difficili, l'impresa rischiosa, ma l'umanità ha bisogno di tornare a sognare, di andare avanti, di guardare il cielo, di sentire di nuovo con un brivido parole capaci di alimentare la speranza:

"Luna 1969. Qui base Tranquillità. Aquila è atterrata."

giovedì 16 luglio 2009

La mia stroncatura di Harry Potter e il Principe Mezzosangue

Harry Potter e il Principe Mezzosangue è un film IMBARAZZANTE.

Fare la trasposizione di un romanzo di successo è un'impresa difficile e rischiosa e accade raramente che un film riesca a eguagliare o superare il libro da cui è tratto. Negli ultimi anni è successo con Stardust, tratto dall'omonimo romanzo di Neil Gaiman ed in parte anche con Il Signore degli Anelli che, pur discostandosi notevolmente dall'opera di Tolkien, è risultato un capolavoro della cinematografia.

Gli esempi negativi invece sono all'ordine del giorno: la trasposizione de La Bussola d'Oro, ad esempio, o quella di Io e Marley. Tutti film da dimenticare.

La saga di Harry Potter è una grande opera narrativa, sebbene qualcuno possa criticare J. K. Rowling per essersi venduta al Dio Denaro durante la stesura degli ultimi romanzi, qualitativamente (e quantitativamente!) diversi dai primi.
Per quanto riguarda le trasposizioni, i primi due film, diretti da Chris Columbus, ed anche il terzo, diretto da Alfonso Cuaron, sono sufficienti. La parabola discendente è iniziata con Harry Potter e il Calice di Fuoco, diretto da Mike Newell e pensavo proprio che il fondo si fosse toccato con il successivo Harry Potter e l'Ordine della Fenice, diretto da David Yates. Purtroppo mi sbagliavo.
David Yates, un perfetto sconosciuto proveniente dal mondo delle serie TV, ha diretto Harry Potter ed il Principe Mezzosangue e, vuoi per i successi al botteghino (dovuti solo ed esclusivamente alla fama della saga, alla pubblicità e a fantastici trailer), vuoi per la scarsa lungimiranza dei produttori, condurrà l'eptalogia alla conclusione.

La scusa di dover portare sul grande schermo un'opera molto complessa, lunga e articolata non è sufficiente per giustificare il livello insufficiente degli ultimi film. Come si è visto con Il Signore degli Anelli, l'impresa è possibile. La saga di Harry Potter invece è stata un completo disastro. Salvo solo due aspetti: ha regalato un volto (e che volto!) ai personaggi che prima i lettori potevano solo immaginare e una bellissima ambientazione. FINE.

Darò ora il mio voto a Harry Potter ed il Principe Mezzosangue.

Parto da 10.

-1 per la sceneggiatura: la trama è disorganica, spezzettata e di difficile comprensione per chi non ha letto il romanzo; la selezione delle scene da trasporre sembra fatta da un ubriaco; non c'è nemmeno un misero accenno all'Ordine della Fenice, all'Esercito di Silente, al Ministero della Magia o agli aspetti prettamente scolastici...
-1 per la regia, adatta ad una serie TV, ma non sufficiente per Harry Potter;
-1 per il montaggio e per i tagli che sembrano fatti col machete (Harry ferisce Draco con l'incantesimo Sectumsempra, ma nella scena dopo è impegnato a fare tutt'altro; la casa di Hagrid va a fuoco, ma nella scena dopo lui è sano e salvo come se nulla fosse successo; etc.)
-1 per gli errori e le incongruenze (da quando in qua Hagrid possiede una bacchetta magica?);
-1 per gli sconvolgimenti ormonali di Harry e dei suoi amichetti, che sembrano usciti da Bayside School;
-1 per la dabbenaggine dei produttori che hanno messo alla macchina da presa un incapace come David Yates: ma con tutti i soldi che hanno impegnato non potevano scegliere un regista migliore?
+1 per il cast stellare, purtroppo assolutamente sprecato (ma che ci stanno a fare Michael Gambon, Helena Bonham Carter ed Alan Rickman in un film degenere... ehm... del genere?)
-1 per Bonnie Wright (Ginny Weasley), lei fa schifo pure come recitazione;
-1 perchè con un budget multimilionario non si può produrre, come direbbe il ragionier Ugo Fantozzi, una cagata pazzesca;
+1 per la scena in cui Ginny si inginocchia davanti ad Harry come se volesse fargli un p***ino con la stessa disinvoltura di Selen (e non ditemi che non era voluto e che sono io ad essere malizioso perchè non ci credo);
-1 perchè Draco Malfoy è talmente brutto da urtarmi la vista;
+1 per la scollatura di Hermione;
-1 per le battute a doppio senso: ma che c***o vi siete bevuti il cervello? Ma cos'è American Pie?
+1 per la pozione Felix Felicis;
-1 per i duelli di magia;
+1 per la scena di apertura e la sequenza nella grotta degli Horcrux, le uniche scene decenti; Yates è riuscito a far apparire sottotono anche la morte di Silente, che avrebbe dovuto invece essere la scena più drammatica di tutta la saga;
-1 perchè hanno tagliato completamente il funerale di Silente ed il lamento della fenice: ma andate a f*****o!

Che voto esce?

3... dai aggiungo +1 per mitigare il mio giudizio a caldo!

4 è il voto finale per un'opera indegna e ridicola.

P.S: a posteriori mi rendo conto che l'opinione del fratello di Sebastian è stata molto più concisa della mia: "il film fa cagare"!

venerdì 10 luglio 2009

La teoria della relatività della domenica pomeriggio

Rieccomi a scrivere sul blog, con un po' di ritardo è vero, ma non avevo specificato in quale giorno della settimana sarei tornato!

Non so se in questo breve periodo di pausa mi sia rilassato, ma di sicuro ho fatto un cambiamento di programma. Per spiegarvi cosa è successo e cosa ciò comporti dobbiamo tornare all'ultimo weekend.

Domenica scorsa non avevo proprio niente da fare, in più faceva un caldo bestia. Era uno di quei tipici giorni in cui, nel 90% dei casi, finisci ad agonizzare sul divano straziato dalla noia con le mascelle che ti rimangono incastrate a causa degli sbadigli.

Cosa fare in un frangente simile per passare la giornata?

Prima di dirvelo facciamo un ulteriore passo indietro nel tempo. Settimana scorsa sono finalmente arrivati a casa mia i sette saggi che aspettavo da tanto tempo. Ora voi immaginerete questi vegliardi ingobbiti e con la barba grigia, dall'aspetto ascetico e vestiti con tuniche bianche, partiti dalle lontane vette del Tibet per venire a condividere con me le loro conoscenze arcane. Beh sarebbe bello, ma la realtà è più ordinaria: i sette saggi in verità erano sette libri di divulgazione scientifica che avevo ordinato tramite la Biblioteca de Le Scienze. Ultimamente la narrativa mi ha un po' stufato e così mi sono assicurato due mesi di letture un po' più impegnate.

Torniamo a domenica mattina. Non avevo niente da fare e una pila di libri nuovi da leggere sul comò. La cosa più difficile è stata scegliere da quale iniziare (ambarabacicicocò). Dopo lunghi attimi di indecisione ho optato per "La Fine del Tempo" di Julian Barbour.

Due paroline sul libro e sull'autore. Barbour è una figura abbastanza singolare nel mondo della ricerca. A differenza della stragrande maggioranza dei suoi colleghi, che dividono il proprio tempo tra studio, insegnamento e pubblicazioni pubblicazioni pubblicazioni (nel mondo della ricerca se non pubblichi sei OUT), si è dedicato alla ricerca indipendente nella tranquillità della sua tenuta dell'Oxfordshire, guadagnandosi da vivere come traduttore di articoli scientifici.

Laureato in fisica teorica, ha concentrato le sue energie nella soluzione di un unico problema: la natura del Tempo. Ne "La Fine del Tempo" (pubblicato nel 1999) fa un compendio dei suoi studi e dei risultati sorprendenti a cui è giunto. "La Fine del Tempo" è un libro abbastanza ostico per i non addetti ai lavori: un po' per i temi che tratta, un po' per l'abilità di Barbour come divulgatore che non è paragonabile a quella di grandi autori come Stephen Hawking (ma di sicuro è più comprensibile di Penrose). Non ho ancora terminato la lettura (sono a poco più di metà), quindi prima di esprimere un'opinione sul libro e sulle ricerche di Barbour aspetterò di giungere alla fine. Però posso già anticiparvi che ho trovato molti spunti interessanti di cui vi parlerò in un post appena sarò giunto alla conclusione.

Saltiamo a domenica pomeriggio. Come ho già detto la trattazione di Barbour è un po' ostica, ma finché si tratta di fisica newtoniana il problema è facilmente aggirabile. Gli ostacoli insormontabili arrivano quando si parla di teoria della relatività einsteniana, di geometrie di Minkowski e di Riemann (ancora non sono arrivato alla parte dedicata alla meccanica quantistica).
Io la teoria della relatività l'ho "studiata" al Liceo. Scrivo l'ho studiata tra virgolette perchè:
1) durante le lezioni facevo altro e avevo la pessima abitudine di sfogliare il libro il giorno prima delle interrogazioni o dei compiti in classe col risultato che all'indomani mi ero già scordato tutto (a posteriori me ne rammarico un bel po');
2) la mia prof di Fisica ci ha spiegato solo le nozioni essenziali e comunque non penso che i programmi scolastici prevedano uno studio approfondito di certi argomenti (sarebbe ora di aggiornarli: siamo nel XXI secolo e che cavolo, la relatività galileiana potrebbero insegnarla alle elementari!);
3) anche se all'epoca l'avessi imparata per bene, dopo 8 anni la ricorderei male.

Sono quindi andato alla ricerca dei libri di fisica delle superiori (prima in mansarda a rovistare invano tra gli scatoloni polverosi, a petto nudo perchè c'erano 40 gradi: sono uscito sudato e ricoperto di polvere; poi in garage dove finalmente li ho trovati incastrati in una pila alta un metro che ho dovuto smantellare e ricostruire) e mi sono messo a ri-studiare la teoria da capo. Non che i libri di fisica del Liceo siano una trattazione esaustiva, ma almeno una buona idea della relatività ristretta e qualche nozione sulla relatività allargata riescono a darla.

Sono arrivato all'ora di cena felice e con le idee decisamente più chiare. Fra la relatività ristretta e quella allargata sono riuscito anche a fare mezz'ora di esercizi col Wii Fit. Però non sono ancora soddisfatto!

Ecco allora il mio nuovo (folle) programma: terminare la lettura del libro di Barbour e poi dedicarmi, più o meno fino alla fine di agosto (periodo in cui inizierò a studiare per l'Esame di Stato), alla lettura approfondita del tomone di Roger Penrose "La strada che conduce alla realtà" che racchiude in 1000 e passa pagine lo stato della fisica moderna. Magari di tanto in tanto farò una pausa con letture più rilassanti...

Questo programma influirà certamente sugli argomenti del blog; i post che ho promesso la scorsa settimana li scriverò, ma gli argomenti generali saranno decisamente più orientati verso la scienza piuttosto che verso la letteratura. Per quando riguarda i miei progetti di scrittura creativa ho deciso di metterli semplicemente in stand-by: preferisco seguire l'ispirazione del momento! E' già successo circa quattro anni fa, ma a differenza di allora scriverò le mie opinioni ed i miei risultati nel blog invece che in un taccuino.

Chi me lo fa fare, dite?
Ho voglia di capire certe cose per cui una descrizione qualitativa è insufficiente, tutto qua. Se poi l'impresa si rivelerà superiore alle mie forze e capacità (ho dato una sfogliata al tomone e mi son venuti i sudori freddi) potrò almeno dire di averci provato. Se non dovessi lavorare per vivere mi iscriverei ad un corso di laurea in fisica, seguito da uno in neurobiologia, ma mi accontento anche di questo approccio da non addetto ai lavori! Tutto potrebbe cambiare se vincessi al Superenalotto...

Nota: da oggi gli aggiornamenti del blog non avranno una periodicità ben definita.

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